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Consulenza per la redazione di contratti di deposito

Il deposito è il contratto, disciplinato dall’articolo 1766 del Codice Civile, con il quale una parte riceve dall’altra una cosa mobile, con l’obbligo di custodirla e restituirla successivamente.

Oggetto del contratto di deposito sono quindi cose mobili o beni mobili registrati.

La causa principale del contratto è assicurare la custodia della cosa, provvedendo alla conservazione materiale e preservandola da pericoli di sottrazione, distruzione o danneggiamento. Infatti l’obbligo di custodire costituisce lo scopo esclusivo, o almeno preminente, del contratto.

Al depositario non passa né la proprietà né il possesso della cosa depositata. Egli la detiene soltanto nell’interesse dell’altra parte, e non può disporne né darla in deposito ad altri.

Si applica la disciplina del contratto di deposito anche nei casi di posteggio di veicoli in appositi spazi delimitati, sorvegliati o comunque in area protetta. Tale disciplina è applicabile anche alla conservazioni di derrate alimentari in magazzini frigorifero.

Il contratto di deposito si presume a titolo gratuito, salvo che sia diversamente stabilito nel contratto o che il depositario eserciti tale attività professionalmente.

Il depositario deve usare, nel custodire la cosa, la diligenza del buon padre di famiglia, cioè la cura, l’attenzione e la diligenza mediamente richiesti nell’esercizio di un'attività. L’obbligo di custodire si sostanzia quindi nella detenzione e conservazione della cosa in uno spazio idoneo.

Il depositario non può servirsi della cosa depositata né darla in deposito ad altri senza il consenso del depositante. La violazione di tale divieto legittima il depositante a chiedere la risoluzione del contratto, la restituzione del bene, oltre al risarcimento del danno.

Il depositante può sempre richiedere la restituzione della cosa, salvo sia stato convenuto un termine. Anche il depositario può chiedere in qualunque tempo che il depositante riprenda  la cosa, salvo sia convenuto un termine a favore di quest’ultimo. Nel caso in cui la cosa in deposito sia stata restituita tardivamente al depositante, questo può chiedere il risarcimento dei danni per non aver potuto disporre del bene.

Salvo diverso patto contrattuale, la restituzione della cosa deve farsi nel luogo in cui doveva essere custodita. Nell’ipotesi in cui il depositario eserciti l’attività professionalmente, il luogo si trova nello stabilimento ove esercita l’impresa. Al ritiro del bene depositato deve provvedere il depositante, con spese di ritiro a proprio carico.

Il depositante è obbligato a rimborsare al depositario le spese fatte per conservare la cosa e pagargli il compenso pattuito. In tal caso per spese si intendono anche quelle sostenute per la sorveglianza.

Se il depositario non riconsegna la cosa, perché persa, smarrita o distrutta, dovrà risarcire il danno subito dal depositante. Il depositario è liberato dall’obbligazione di restituire il bene  solo in presenza di caso fortuito, cioè solo se fornisce la prova della inevitabilità dell’evento, nonostante l’uso della diligenza del buon padre di famiglia.  Hanno rilevanza in tal senso la distruzione o la sottrazione della cosa quando il fatto non poteva né essere previsto né evitato. In caso di furto, l’inevitabilità dell’evento si ha solo quando il reato venga commesso con violenza o minaccia alle persone. Praticamente,  non importa dimostrare  di aver disposto un adeguato servizio di vigilanza, ma il depositario  dovrà invece provare che il furto è dipeso da causa a lui non imputabile e quindi oggettivamente inevitabile.

Rientra nel contratto di deposito anche il deposito di cortesia, quando il depositario riceve e conserva la cosa per fare cosa gradita al depositante. Anche in questo caso chi custodisce la cosa è responsabile  per la sua integrità, anche se tale responsabilità è valutata con minor rigore.

avv. Nicola Ferrante

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