Avvocato Ferrante
Consulenza Legale Contrattuale
Per imprese e Operatori Economici

Contratto Appalto

  • Consulenza legale per la redazione e gestione di contratti commerciali

    Il settore della mobilità ha sperimentato delle profonde trasformazioni che hanno interessato progressivamente l'esperienza giuridica per la crescente diffusione di nuovi schemi contrattuali. Infatti, è ormai radicata la tendenza da parte dei privati, ed ancor più delle imprese, ad elaborare soluzioni contrattuali alternative alla vendita di autoveicoli, finalizzati ad agevolare trasferimenti di persone da un luogo ad un altro, senza utilizzare capitali nell'immediato e fruendo di una serie di vantaggi di natura anche fiscale.

    La tendenziale novità dei contratti utilizzati per lo svolgimento dei nuovi servizi di mobilità finisce per risolversi nel frequente ricorso a contratti atipici e quindi per richiamare il problema della qualificazione giuridica. È utile sottolineare che le varie figure atipiche trovano un punto importante di riferimento nello schema del noleggio, in particolare nel noleggio a lungo termine, che a sua volta racchiude elementi riferibili ai contratti di locazione, trasporto e d'appalto di servizi.

    In primis l'ipotesi contrattuale più significativa è la locazione finanziaria (leasing) che rappresenta una soluzione estremamente diffusa, consentendo l'acquisto del veicolo a fronte del pagamento di un canone mensile, unitamente alla possibilità di riscatto come opzione finale del contratto. Il concedente, su indicazione dell'utilizzatore, acquista dal fornitore un bene, al fine di cederlo in godimento all'utilizzatore per un determinato periodo di tempo. Quest'ultimo avrà  la possibilità, alla scadenza del contratto, di restituire il bene, rinnovarne l'utilizzo condizioni più favorevoli, ovvero di acquistarlo a fronte del pagamento di un ulteriore modico corrispettivo.

    Accanto al leasing tradizionale, si sono progressivamente evolute forme ibride di acquisto/finanziamento degli autoveicoli riferibili più direttamente ad esigenze di espansione aziendale e afferenti ai rapporti fra imprese. Nell'ambito di questo settore si annoverano in particolare il full leasing e il fleet management, connessi alla significativa tendenza del decentramento delle attività non peculiari dell'azienda ad organizzazioni esterne specializzate, secondo la nota logica dell'outsourcing.

    Il full leasing consiste nell’affidare ad una società esterna la gestione e i costi del parco veicoli (immatricolazione, messa su strada, manutenzione e riparazioni, soccorso stradale, coperutra assicurativa e tassa di proprietà); in tal modo l’azienda utilizzatrice beneficia di auto in leasing decentrando le incombenze ad un’azienda specializzata. A titolo di corrispettivo erogherà un canone mensile predeterminato che si aggiunge a quello del leasing finanziario.

    Il fleet management, invece, rappresenta una forma di outsourcing parziale, sovente fase intermedia per passare al c.d. noleggio a lungo termine in cui le auto sono di proprietà dell’azienda ma oneri e costi di gestione vengono assunti da una società specializzata di noleggio. L’administrative fleet management opera una terziarizzazione completa delle attività amministrative e di gestione operativa della flotta aziendale con lo scopo di far ottenere all’azienda un risparmio sul budget aziendale per cui il fleetmanager sarà remunerato in funzione dei risultati raggiunti.

    Il noleggio a lungo termine, alla stregua del leasing, rappresenta uno strumento contrattuale alternativo alla vendita di autoveicolo ed idoneo ad assicurare al noleggiatore la disponibilità del bene  e una serie di servizi connessi al godimento dello stesso. Il fruitore del bene (azienda, professionista o persino privato) sceglie una o più autovetture che vengono acquistate direttamente dal gestore dalla casa produttrice e da quest’ultimo immatricolate, assicurate e rese idonee all’uso; il cliente le detiene per la durata stabilita contrattualmente ad un canone mensile fisso. Il gestore adempie alle spese di gestione e amministrazione del bene che nella vendita graverebbero sul compratore. Poiché l’utente mira ad acquisire un servizio, senza privarsi di liquidità per l’acquisto del veicolo, che gli viene somministrato a lungo termine, questo accordo può essere inquadrato nel contratto di somministrazione.

    avv. Nicola Ferrante

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    Nota: si precisa che gli articoli presenti su questo sito sono da considerarsi come un riassunto, a mero titolo informativo, della più ampia disciplina dei contratti. Lo studio non si assume nessuna responsabilità per l'uso di tali informazioni. Gli articoli sono protetti dalla legge sul diritto d'autore.

  • Consulenza legale per la redazione e la gestione di contratti commerciali

    Il contratto di logistica disciplina l’affidamento in outsourcing dell’intero procedimento logistico, o di alcune delle sue fasi: la sua funzione consiste nella gestione e nello sviluppo tecnico, economico, amministrativo e legale del processo dei flussi, sia fisici sia informativi, delle materie prime, dei semilavorati e dei prodotti finiti, in entrata o in uscita, dagli stabilimenti del produttore o del distributore.

    Il termine “logistica” nell’ambito aziendale designa “il settore che si occupa dell’approvvigionamento, della distribuzione dei materiali e dei prodotti finiti.” L’esternalizzazione (outsourcing) delle varie problematiche concernenti la gestione dei flussi, in entrata o in uscita, delle merci, consente alle imprese di concentrarsi sulle attività principali (core business) che sanno meglio gestire, traendo vari benefici connessi alla diminuzione dei costi d’investimento in immobilizzazioni e scorte, alla ricerca di una struttura organizzativa più snella, alla realizzazione di un migliore customer service. La scelta di esternalizzare il processo logistico comporta sicuramente dei vantaggi ma altrettanti rischi come la perdita del controllo delle attività logistiche, la perdita di conoscenze ed esperienze, l’eccessiva dipendenza dal fornitore dei servizi logistici e così via. Particolarmente complessa è quindi la formulazione di un contratto che disciplini la fornitura dei servizi logistici, soprattutto quando l’operazione economica riguarda la gestione dell’intero processo logistico: le parti dovranno prevedere la puntuale descrizione delle prestazioni dovute, i modi e tempi della loro esecuzione, la pattuizione dei corrispettivi, le modalità di pagamento, la compatibilità dei sistemi informatici, le coperture assicurative ecc.

    I servizi logistici sono atipici perché atipica è la prestazione logistica che si compone di singole prestazioni, corrispondenti ai contratti tipici di trasporto, deposito, spedizione, appalto che perdono la loro individualità e autonomia per divenire segmenti di una prestazione complessa, non riferibile ad alcun contratto legislativamente nominato, diretta a realizzare l'interesse unitario del produttore o del distributore alla gestione e allo sviluppo globale dei flussi di merci. L'esecuzione del contratto comprende di solito non solo l'attività tipica che ne costituisce l'oggetto immediato ma anche tutte le obbligazioni accessorie che ne costituiscono la necessaria e naturale integrazione per raggiungere il fine pratico cui è preordinato all'adempimento dell'obbligazione principale. Nel contratto di logistica assumono rilievo non tanto le singole prestazioni, ciascuna delle quali è riconducibile a un contratto tipico (trasporto, deposito, spedizione, appalto, opera intellettuale) quanto il loro coordinamento in funzione del risultato che il fornitore di servizi logistici si è obbligato a produrre.

    Attualmente non vi è accordo unanime sulla qualificazione giuridica di tale contratto per cui si auspica che il legislatore intervenga dettando una disciplina organica del contratto di logistica oppure che questo si consolidi, come è accaduto per il leasing, come tipo giurisprudenziale. Secondo parte autorevole della dottrina, al contratto di logistica si applicheranno le norme che regolano il contratto di somministrazione e, in quanto compatibili, le norme dell'appalto. L'integrazione normativa può avvenire tra somministrazione e appalto ma non tramite il richiamo al contratto di trasporto, deposito, mandato o spedizione. La soluzione proposta consente alle parti, da un lato di regolare il contenuto del contratto in autonomia secondo i loro interessi, e dall'altro permette loro di trarre beneficio da un quadro normativo di riferimento (norme sulla somministrazione, e se compatibili, appalto) caratterizzato da coerenza e sistematicità.

    Tra le norme sulla somministrazione merita di essere segnalato l'articolo 1560 c.c. che detta le regole per stabilire l'entità della somministrazione, ove questa non sia stata predeterminata dalle parti. La gestione del magazzino determina una varietà di interventi tali che il dosaggio delle singole prestazioni (prevalenza dell'attività di trasporto, rispetto a quelle di custodia, ovvero di consulenza) non è precisamente determinabile a priori così come non è predeterminabile la misura dell'impegno che sarà richiesto all'operatore logistico visto che esso varierà al variare del riscontro del mercato, per cui la norma dell'articolo 1560 si applica correttamente facendo essa riferimento alle necessità normali ed effettive del somministrato. Si applicano anche le norme che prevedono il patto di preferenza (art. 1566 c.c.) e di esclusiva (art. 1557 c.c.).

    Saranno poi applicabili al contratto di logistica le seguenti norme dell'appalto: l'articolo 1656 c.c. per cui sarà vietato il subcontratto di logistica, salva l'espressa autorizzazione dell'utilizzatore del servizio; l'articolo 1658 c.c. per cui nel corrispettivo dovuto al fornitore di servizi logistici dovrà intendersi compreso, salvo patto contrario, anche il costo delle materie prime o delle strutture necessarie per l'erogazione del servizio; l'articolo 1662 c.c. con la conseguenza che l'utilizzatore dei servizi logistici avrà il diritto di controllare lo svolgimento del servizio e di verificarne proprie spese la corretta esecuzione; l'articolo 1659 c.c., limitatamente al primo e secondo comma, con la conseguenza che il fornitore dei servizi logistici non potrà apportare variazioni alle modalità convenute del servizio, se l'utilizzatore non le ha autorizzate per iscritto; l'articolo 1660, 1° comma c.c. per cui si potranno apportare modifiche all'esecuzione del servizio se ciò si rendesse necessario durante lo svolgimento del rapporto; gli articoli 1667 e 1668 c.c., da adattarsi opportunamente, in caso di prestazione di servizi difettosa e l'articolo 1667 c.c. con la conseguenza che all'azione diretta a far valere difformità e vizi del servizio e chiedere il risarcimento del danno o la risoluzione del contratto si applicherà la prescrizione biennale, mentre per tutte le altre azioni si applicherà, in assenza di una disciplina speciale, l'ordinaria prescrizione decennale. Tali termini sono sicuramente più lunghi di quelli previsti in materia di trasporto e spedizione, la cui disciplina è inapplicabile al contratto di logistica, ma le parti potrebbero stabilire dei termini convenzionali di decadenza, salvaguardando così l'esigenza di circoscrivere nel tempo l'incertezza circa l'eventuale insorgenza di una lite.

    avv. Nicola Ferrante

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  • Consulenza legale per la redazione e gestione di contratti

    La collocazione sul mercato di beni o di servizi può essere realizzata tramite l'utilizzo di sportelli o distributori automatici che consentono una distribuzione capillare dei prodotti a costi ridotti, in luoghi non necessariamente deputati alla commercializzazione di prodotti di consumo e senza le limitazioni di orario tipiche degli esercizi commerciali gestiti mediante l'impiego di personale.

    Oggi l'utilizzazione di distributori automatici è molto diffusa e riguarda una grande varietà di settori merceologici: numerosissimi sono i distributori di bevande fredde e calde, di alimenti, come snack, panini, gelati che sono collocati ovunque, come nelle scuole, università, ospedali, fabbriche, stazioni ferroviarie, metropolitane, uffici pubblici e privati ecc. Inoltre viene utilizzato questo stesso sistema di distribuzione anche per la vendita di altri beni come quotidiani, sigarette, carburante. Occasionalmente il distributore automatico può consentire l'acquisto direttamente dal produttore e questo accade per la distribuzione di latte fresco e yogurt da parte degli stessi allevatori attraverso appositi apparecchi. Il sistema della distribuzione automatica è utilizzato anche per la collocazione di servizi sul mercato, si pensi ad esempio agli apparecchi per foto tessera, ai parcheggi a sbarra automatica, al ticketing per i servizi di trasporto e per gli spettacoli. Un altro nel settore nel quale giocano un ruolo determinante gli apparecchi automatici è quello dei servizi bancari: oggi da uno sportello bancomat siamo in grado di svolgere una serie di operazioni di pagamento di utenze, prelievo, interrogazioni ecc..

    La diffusione di questi strumenti meccanici consente una maggiore efficienza nella distribuzione di beni e servizi, un notevole risparmio di tempo e di energie per i consumatori e un accrescimento notevole delle occasioni di consumo, quindi un aumento delle vendite senza che vi sia il corrispondente proporzionale aumento dei costi di distribuzione.

    I tratti ricorrenti del fenomeno prevedono che il consumatore o utente sia fisicamente presente nel luogo di conclusione del contratto e di esecuzione della prestazione mentre il distributore no; quest'ultimo, attraverso la programmazione dell'apparecchio, determina la propria offerta che sarà inevitabilmente inflessibile nel contenuto e non suscettibile di negoziato. Il prodotto inoltre non può essere toccato e l'etichetta posta sul medesimo difficilmente può essere letta per cui la flessibilità concerne la tipologia di beni e di servizi richiesti e non già la consistenza economica della singola transazione che è predeterminata dal distributore senza alcun margine di trattativa.

     L'impiego di apparecchi automatici riguarda solitamente la fase della conclusione del contratto ed è quello che accade in tutte le ipotesi in cui i beni e servizi vengono offerti attraverso distributori automatici che esibiscono la merce con indicazione del prezzo. Il consumatore, valutata la convenienza della transazione, introduce l'importo richiesto nella macchina che provvede automaticamente alla erogazione del prodotto in cambio del corrispettivo pecuniario. Questa operazione può essere qualificata come un'offerta al pubblico ai sensi dell'articolo 1336 del Codice Civile: il distributore, infatti, emette una proposta contrattuale dal contenuto chiaro e completo, contenente tutti gli elementi essenziali alla conclusione del contratto e la diffonde sul mercato, mostrando inequivocabilmente che gli è indifferente l'identità dell'altro contraente. Il contratto può considerarsi concluso al momento in cui il consumatore, introducendo l'importo richiesto dalla macchina, manifesta la propria volontà di accettare la proposta tramite il suo comportamento concludente.

    L'automazione può riguardare non solo la fase della conclusione del contratto ma anche quella di esecuzione della prestazione: ad esempio l'utilizzazione degli sportelli bancomat presuppone l'esistenza di un contratto già concluso tra le parti; l'utente attraverso l'introduzione della tessera e la digitazione dell'operazione chiedere l'adempimento di specifiche prestazioni. L'esecuzione della prestazione attraverso strumenti automatici può determinare qualche problema connesso all'assenza di qualsiasi contatto diretto tra le parti. Infatti, il contraente che riceve la prestazione attraverso strumenti automatici e ne constata la mancanza di conformità rispetto a quella dovuta, ad esempio, non è in grado di rifiutarla. Le modalità di svolgimento del rapporto rendono di fatto inapplicabile la disciplina dettata dall'articolo 1197 c.c. per cui l'utente resta privato di uno strumento di autotutela oggettivamente efficace consistente nel rifiutare la prestazione non conforme. Lo stesso si dica in caso di mancata esecuzione della prestazione da parte di uno dei due contraenti: quando, ad esempio, al pagamento del corrispettivo non segua l'erogazione di alcun bene o servizio.

    Il contratto di distribuzione automatica è, inoltre, tipicamente un contratto per adesione: l'utente consumatore non può far altro che accettare l'offerta o desistere dalla conclusione del contratto. Non vi è, come si è detto, alcun margine di trattativa diretta a  modificare il contenuto della proposta. Nei contratti di distribuzione automatica le condizioni sono predisposte unilateralmente da uno dei contraenti, il quale le applica uniformemente ad un numero indefinito di transazioni: ricorrono quindi le caratteristiche del contratto di massa.

    Il distributore, però,  non può sottrarsi agli obblighi generali di informazione e trasparenza che costituiscono un'applicazione del più generale obbligo di buona fede: la macchina quindi deve essere predisposta in modo da fornire indicazioni chiare e precise circa il contenuto della prestazione, il corrispettivo e le modalità di esecuzione. Ad esempio, occorre precisare se l'apparecchio è in grado di dare resto o se deve essere introdotto l'importo preciso del corrispettivo. Inoltre si applica la normativa prevista dal Codice del Consumo, che prende in considerazione non solo gli obblighi dei produttori di beni ma anche quelli previsti a carico del distributore nella collocazione dei prodotti sul mercato. Il distributore deve comportarsi secondo diligenza e contribuire alla immissione sul mercato di prodotti sicuri. In particolare non deve distribuire prodotti di cui conosce o avrebbe dovuto conoscere la pericolosità; deve partecipare al controllo di sicurezza e trasmettere le informazioni concernenti i rischi del prodotto al produttore ed alle autorità competenti, a pena di incorrere nelle sanzioni previste  dal Codice del Consumo.

    Il bene che il consumatore ottiene deve essere conforme alla descrizione e possedere le qualità di quello presentato come campione. In definitiva, si può dire che il distributore incorre in responsabilità nel caso di mancata erogazione, di erogazione di un prodotto difettoso, non conforme o diverso rispetto a quello proposto in vendita. In tal caso il distributore deve esaudire le richieste del consumatore che possono consistere nella sostituzione o nella riparazione del bene; oppure nella restituzione o diminuzione del corrispettivo. Il distributore risponde inoltre anche nel caso di messa in commercio di prodotti dannosi, nel caso non venga individuato il produttore o il precedente fornitore.

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  • Consulenza legale per la redazione e gestione di contratti commerciali

    Il cash and carry è definito come esercizio all'ingrosso organizzato a self-service, con superficie di vendita superiore a 400 mq, in cui i clienti provvedono al pagamento in contanti, contro emissione immediata di fattura, e al trasporto diretto della merce. Si tratta di una formula di approviggionamento sorta negli Stati Uniti e sviluppatasi poi in Europa partire dagli anni ‘60. L'articolo 2195 del Codice Civile definisce il commercio come "attività intermediaria nella circolazione dei beni" ma il Codice non distingue in alcuna norma il commercio all'ingrosso dal commercio al minuto; le rispettive nozioni devono essere attinte dal diritto pubblico che se ne è occupato specialmente in relazione alle diverse regolamentazioni dei due tipi di esercizi.

    Secondo l’art. 4 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 il commercio all'ingrosso è quella "attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende ad altri commercianti, all'ingrosso o al dettaglio, o ad utilizzatori professionali, o ad altri utilizzatori in grande" mentre il commercio al dettaglio consiste nella "attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende (…) direttamente al consumatore finale". Dunque, il commercio all’ingrosso e al dettaglio possono essere esercitati, indistintamente, da persone fisiche, da persone giuridiche o da enti di fatto ed entrambi consistono in acquisto e vendita di beni. Ingrosso e dettaglio si differenziano solo ed esclusivamente in ragione delle diverse categorie dei rispettivi acquirenti che per il primo sono commercianti, utilizzatori professionali ed utilizzatori in grande, e per l'altro consumatori finali. Mentre il grossista esercita una funzione di tramite fra il produttore ed il dettagliante, il dettagliante si inserisce nella fase di distribuzione capillare dei beni e dei servizi.

    Tra i tratti distintivi dei cash and carry rispetto ai grossisti tradizionali vi è l’offerta e l'assortimento di beni eterogenei, fatto che consente all'acquirente di comperare non solo beni strumentali alla propria attività, ma anche altri articoli, al fine di soddisfare le proprie esigenze personali. Ci si chiedeva quindi se costituisse o meno onere del grossista accertarsi non solo che gli atti di acquisto fossero compiuti da soggetti ammessi al canale all'ingrosso, ma anche che i singoli atti fossero funzionali all'esercizio della specifica attività commerciale o professionale svolta all'acquirente o, comunque alle esigenze dell'utilizzatore in grande. La giurisprudenza di merito reagiva osservando che l'onere di verifica imposto sull'esercente del cash and carry non poteva spingersi oltre il controllo formale della legittimazione all'acquisto: onere assolto consentendo l'accesso all'esercizio soltanto ai soggetti accreditati mediante rilascio di una tessera, preceduta dalla verifica documentale dell'appartenenza del richiedente ad una delle tre categorie previste dalla legge. La Corte di Cassazione  è pervenuta, dopo varie sentenze di contenuto contrastante, al sostanziale allineamento con la giurisprudenza di merito.

    È utile precisare che la vendita di beni effettuata direttamente o indirettamente a consumatori finali, oltre a essere invalida, può anche integrare gli estremi della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., a maggior ragione quando quest'obiettivo venga raggiunto mediante atti negoziali volti ad aggirare il divieto di vendita diretta al consumo. Ad esempio il grossista può legittimamente commerciare con i cosiddetti "utilizzatori in grande", fra i quali rientrano anche le cooperative di consumo, ma è pur sempre necessario che la vendita sia stipulata direttamente con tali soggetti. Per questa ragione si è ritenuto che contrastasse con l'articolo 2598 c.c. il comportamento dell'esercente di un'attività di cash and carry consistente nel vendere direttamente ai soci di una cooperativa di consumo in forza di una convenzione stipulata con quest'ultima.

    Nel caso in cui nella vendita all'ingrosso mediante cash and carry l'acquirente, benché non sia permesso, si approvvigioni anche di beni di consumo personale, si considera che egli agisca sempre e solo quale professionista e quindi non  vengono applicate le norme sulla tutela del consumatore. Non si potrebbe sostenere comunque che in questo modo l'acquirente sia privato di tutela: si tratta semplicemente di un riflesso della scelta di acquistare beni di uso personale non mediante l'ordinaria catena distributiva per il consumo, ma in un contesto professionalizzato, scelta che porta all'assunzione di un rischio consistente nella perdita di un profilo di protezione.

    avv. Nicola Ferrante

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  • Consulenza legale redazione e gestione contratti consumatore

    Il credito al consumo consiste nel concedere un credito sotto forma di dilazione del pagamento, di finanziamento o di altra facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale per l’acquisto di un bene di consumo. Questo meccanismo di pagamento del prezzo di un bene tramite finanziamento avvantaggia sia il consumatore, il quale viene posto in condizione di acquistare un bene che altrimenti dovrebbe rinunciare a comprare o posticiparne l’acquisto, sia il venditore che potrà vendere più agevolmente la merce. Su questa materia il Codice del Consumo rinvia integralmente agli articoli 121 e seguenti del Testo Unico Bancario da cui si evince che, da un lato il beneficiario del finanziamento è esclusivamente il consumatore, dall’altro l’esercizio del credito è riservato alle Banche e agli intermediari finanziari.

    L’elemento saliente di questa tipologia negoziale è la non professionalità dell’utente del credito: il consumatore conseguirà  beni o servizi, utilizzando quelle agevolazioni  che danno la possibilità di procedere all’acquisto per mezzo del capitale messo  a disposizione del terzo finanziatore, al quale il fruitore dovrà poi restituire le somme da questi anticipate al fornitore, maggiorate del costo della prestazione, computato nel Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG). Il TAEG è il costo del finanziamento ovvero il costo totale del credito a carico del consumatore espresso in una percentuale annua del credito concesso. Gli articoli del T.U.B. stabiliscono che il TAEG deve essere indicato, con il relativo periodo di validità, in ogni messaggio promozionale in cui viene offerto credito al consumo: qualora il TAEG pubblicizzato non corrisponda a quello effettivamente applicato, il consumatore potrà invocare l'applicazione dell'articolo 1339 c.c. e conseguentemente richiedere l'applicazione del tasso più favorevole.

    Inoltre la normativa prevede una serie di obblighi precontrattuali di comunicazione degli elementi fondamentali dell’operazione creditizia, al fine di far conoscere al consumatore tutti gli elementi utili nell'ottica della valutazione dell'operazione finanziaria. In questa prospettiva, merita particolare menzione la prescrizione della forma scritta ad substantiam del contratto di credito al consumo: la sanzione in caso di inosservanza, infatti, è la nullità del contratto, che può essere rilevata solo da parte del consumatore. L'articolo 118 T.U.B. , impone di comunicare al cliente tutte le variazioni unilaterali  in peggio che il finanziatore intende apportare alle condizioni del contratto, laddove tale facoltà sia prevista da un'apposita clausola. Invero, la legge n. 52/1992 ha attribuito al soggetto finanziatore la facoltà, per i contratti di credito al consumo, di modificare il TAEG durante il rapporto contrattuale, ma la stessa norma prevede che tale facoltà debba essere prevista in una clausola specifica debitamente sottoscritta dal cliente. Inoltre, il solo consumatore può adempiere in via anticipata o recedere dal contratto, senza alcuna penalità e senza possibilità di patto contrario: qualora il consumatore provveda all'adempimento anticipato ha diritto ad un'equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR. Nonostante non vi sia un'esplicita previsione in tal senso si può ragionevolmente affermare che, alla luce dei principi generali, la sanzione per le clausole difformi sia la nullità, con conseguente attribuzione al consumatore della facoltà di adempiere anticipatamente o di recedere dal contratto.

    Per quanto riguarda i contatti telefonici e i relativi disservizi, la Legge quadro che regolamenta i rapporti tra gestori telefonici ed utenti è la Legge n. 249/1997 che, tra l'altro, ha provveduto all'istituzione del Garante delle Comunicazioni (c.d. Authority) le cui delibere stanno incidendo in modo radicale nella formazione di un vero e proprio codice di regolamentazione dei servizi telefonici e di tutela del consumatore. Nella casistica ricorre frequentemente l'illegittima e non autorizzata attivazione da parte del gestore telefonico di servizi mai richiesti dal cliente: questa fattispecie dovrebbe essere sempre meno frequente, atteso che con la Delibera n. 664/06/Cons, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha introdotto pesanti sanzioni a carico dei gestori telefonici e le sentenze dei giudici di merito hanno spesso dichiarato nulli tutti quei contratti relativi a servizi telefonici non richiesti ed hanno condannato la compagnia telefonica a rimborsare all'utente quanto illegittimamente addebitato, oltre le spese legali del giudizio e in alcuni casi riconoscendo il diritto al risarcimento del danno esistenziale. In ordine all'annoso problema della sospensione illegittima della linea telefonica per  mancato pagamento delle fatture, l'Autorità per la garanzia delle comunicazioni con la stessa delibera numero 664/06/Cons ha chiarito una volta per tutte un principio generale valido nelle relazioni utente-compagnia telefonica, secondo cui, se il consumatore paga parzialmente la fattura, contestandone la parte residua, all'operatore telefonico è vietato procedere alla sospensione della linea fino a quando il reclamo non venga deciso sia in uscita che in entrata, pena la condanna al ristoro degli eventuali danni subiti dal consumatore, oltre alla pesante multa prevista dall'Authority. Anche il ritardo nella riattivazione di una linea telefonica sospesa in forma legittima configura violazione delle condizioni generali del contratto e può dare esito all'obbligo di risarcimento del danno da parte della società telefonica.

    Altro nuovo diffuso danno nella categoria dei danni non patrimoniali del consumatore è quello c.d. “da vacanza rovinata”, ovvero quella lesione di un bene immateriale che consiste nel diritto di ciascuno ad avere una pausa di relax dalla routine e dallo stress quotidiani. Il danno da vacanza rovinata riceve il suo primo riconoscimento giuridico con l'art. 13 della Convenzione Internazionale relativa al contratto di viaggio, firmata a Bruxelles nel 1970 e ratificata in Italia con la Legge n. 1084/1977 dalla quale si deduceva che l'obbligo risarcitorio a carico dell'organizzatore turistico rientrasse in quello relativo ai danni non patrimoniali.  In seguito è entrato in vigore il Decreto Legislativo n. 111 /1995 con cui il legislatore interno ha recepito la direttiva comunitaria relativa ai viaggi, alle vacanze e ai circuiti "all inclusive". Il Codice del Consumo dedica alcune disposizioni alla procedura di reclamo e al regime delle prescrizioni dei diritti del consumatore\turista: se la contestazione avviene nel corso del viaggio, l'organizzatore del viaggio ha l'obbligo di porre rimedio alla situazione critica rilevata e il viaggiatore è obbligato a collaborare con l'organizzatore dell'attività per ridurre il danno. Se la contestazione avviene quando il turista è rientrato nella località di partenza, poiché egli ritiene di aver subito un pregiudizio ovvero non ritiene di aver ricevuto un servizio corrispondente a quanto pattuito e acquistato, deve formulare un'espressa contestazione al tour operator ed al venditore del viaggio, formulando, se lo ritiene opportuno, la propria richiesta risarcitoria. Questo reclamo deve essere presentato entro il termine di 10 giorni che la più recente giurisprudenza di merito tende a considerare non perentorio; il termine di prescrizione per i danni alla persona è di 18 o 12 mesi nel caso di danno provocato dall'inadempimento di prestazioni di trasporto comprese nel pacchetto turistico, in ogni caso il giorno da cui inizia decorre la prescrizione è il momento in cui il turista rientra nella località di partenza.

    In questa sezione potete trovare gli articoli sulla tutela del consumatore, le clausole vessatorie, i contratti del consumatore, le informazioni su beni o servizi a tutela del consumatoregaranzia sui beni di consumo, i vizi della cosa venuta e il  consumatore e credito al consumo.

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